Tumore al seno, mortalità più che dimezzata dal 1975 ad oggi

Tumore al seno, mortalità più che dimezzata dal 1975 ad oggi

Negli ultimi 10 anni, i trattamenti per il cancro al seno metastatico hanno contribuito significativamente a ridurre i decessi

Dalla metà degli anni 70 - cioè dalla messa a punto del primo protocollo di chemioterapia per il tumore al seno da parte del gruppo italiano di Gianni Bonadonna a Milano - ad oggi, la mortalità per questa malattia si è più che dimezzata. Secondo uno studio condotto negli Stati Uniti, infatti, dal 1975 al 2019 i decessi per carcinoma mammario si sono ridotti del 58%. Ma la novità dello studio, condotto dall’Università di  Stanford (all’interno del consorzio CISNET) e pubblicato sul Journal of the American Medical Association, è un’altra: i ricercatori hanno infatti calcolato a cosa si deve questa riduzione. 

I risultati indicano che: 

  • per il 25% si deve allo screening mammografico, che riesce ad anticipare la diagnosi;

  • per il 47% si deve all’avvento dei trattamenti per fasi precoce del tumore (stadi I, II, III);

  • per il 29% si deve ai nuovi trattamenti per il tumore al seno metastatico (stadio IV), arrivati soprattutto in questi ultimi 10 anni.


26 nuovi farmaci in 10 anni

Come si legge nello studio la Food and Drug Administration, cioè l’agenzia regolatoria dei farmaci statunitense, ha approvato 30 nuove molecole per il trattamento del cancro al seno tra il 2010 e il 2020. Di queste, ben 26 sono per la malattia metastatica e “solo” 4 per il cancro al seno in stadio da I a III.

 

Gli studiosi hanno utilizzato modelli matematici per valutare il contributo di ogni innovazione terapeutica e diagnostica. Si tratta del terzo studio di questo genere dal 2005. Quest’ultimo, però, è il primo ad includere e stimare anche il peso dei trattamenti per la fase metastatica della malattia.

 

Il contributo dello screening

Vent'anni fa, ci si chiedeva se lo screening mammografico di routine effettivamente riducesse il numero di decessi per cancro al seno, spiegano i ricercatori, che proprio per questo, nel 2005, pubblicarono un articolo sul New England Journal of Medicine in cui dimostravano in modo conclusivo che allo screening si doveva una percentuale compresa tra il 28% e il 65% (in base alle popolazioni considerate, ai database e ai modelli utilizzati) della riduzione della mortalità osservata tra il 1975 e il 2000. 

 

Il contributo dei trattamenti per la fase precoce

Il secondo articolo, pubblicato nel 2018 sul Journal of the American Medical Association, aveva invece evidenziato le differenze nella risposta al trattamento e nei risultati di sopravvivenza tra le donne con diversi sottotipi di cancro al seno dal 2000 al 2012. “Abbiamo scoperto - riportano - che, sebbene lo screening avesse ancora un impatto importante, la maggior parte del calo dei decessi annuali era dovuto ai miglioramenti nel trattamento del cancro al seno in stadio iniziale sulla base del profilo molecolare di ciascun cancro”.

 

Il contributo dei trattamenti per la fase metastatica

Questo ultimo studio, come dicevamo, è il primo a includere esplicitamente nei suoi modelli pazienti con carcinoma mammario metastatico. E la scoperta che il 29% della diminuzione della mortalità annuale è dovuta ai progressi nel trattamento del cancro al seno metastatico ha sorpreso i ricercatori. 

 

L’impatto dei trattamenti per la malattia metastatica è dimostrato dall’aumento del tempo mediano di sopravvivenza dopo la scoperta delle metastasi. Le pazienti con diagnosi di malattia metastatica nel 2000 hanno vissuto in media 1,9 anni, rispetto a una media di 3,2 anni per quelli diagnosticati nel 2019. Il tempo di sopravvivenza, però, varia in base sottogruppo considerato: le pazienti con tumori positivi ai recettori ormonali ed HER2 positivi hanno registrato un aumento medio del tempo di sopravvivenza di 2,5 anni; quelle con tumori positivi ai recettori degli estrogeni ed HER2 negativi hanno vissuto in media 1,6 anni in più, mentre le donne con tumori metastatici triplo negativi hanno vissuto in media circa 0,5 anni in più nel 2019 rispetto al 2000. Per quest’ultimo sottotipo tumorale, infatti, gli avanzamenti terapeutici sono stati numericamente inferiori e sono arrivati più recentemente, per cui speriamo di vedere miglioramenti importanti nella sopravvivenza di queste pazienti nei prossimi anni. 

Per approfondire:

https://med.stanford.edu/news/all-news/2024/01/breast-cancer-deaths.html

https://jamanetwork.com/journals/jama/article-abstract/2813878


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