Insieme per continuare a vivere: aiutiamo la ricerca scientifica per aumentare la speranza

Pubblicata: 17-03-2020

Insieme per continuare a vivere: aiutiamo la ricerca scientifica per aumentare la speranza

Il 16 gennaio scorso si è tenuto a Cesena presso il Teatro Verde un evento, unico nel suo genere, che ha unito divulgazione scientifica, teatro ed alta cucina,  promosso dall’Associazione Italiana sul tumore al seno metastatico "Noi Ci Siamo" con la preziosissima collaborazione dell'IRST di Meldola.

Sento ancora forte l'emozione per il clima di unione, condivisione e fiducia instauratosi fra tutti i presenti. 

Sembrano passati molto più di due mesi e in questo tempo è successo qualcosa di decisamente inaspettato: il 16 gennaio si cominciava appena a parlare dell’epidemia di coronavirus in Cina e di certo non immaginavamo ciò che ci troviamo ad affrontare oggi. Per tornare ad incontrarci temo che dovremo aspettare ancora molto, ma proprio per questo mi sembra il momento migliore per ricordare ciò che è avvenuto in quell'incontro e raccontarlo a chi non ha potuto partecipare.

Ringrazio tutti coloro che hanno permesso la riuscita dell'evento, dalle istituzioni, ai sanitari, alle aziende sponsor, agli attori, alle associazioni ed ai cittadini presenti. L'augurio che vi faccio è quello di poterci riabbracciare presto con nuovi sogni, nuove speranze, una realtà rinnovata in cui la sanità e la ricerca occuperanno davvero un ruolo dominante ed avranno l'importanza che meritano.

 

Serve l'energia di tutti

“La gente non vuole essere curata e basta, vuole essere guarita, ed è giusto che sia così. È una nostra sconfitta come medici se non siamo ancora in grado di guarire tutti quanti”. Non ha usato metafore ma è andato dritto al punto il Professore Giovanni Martinelli, Direttore scientifico dell’IRST di Meldola, all’apertura della sessione scientifica di questo incontro. Parole d’impatto, ma anche piene di speranza: “Questo vuol dire che c’è ancora tanto lavoro da fare - ha continuato - che tanta ricerca deve essere ancora messa in campo, ma io sono convinto che gli sforzi di questa Regione, di questa Sanità ed il vostro impegno non saranno vani. Noi ce la stiamo mettendo tutta: sappiamo che questa è la vera sfida, la vera scommessa ed uno degli obiettivi principali a livello mondiale”.

Se è vero che la sopravvivenza a 5 anni per tumore al seno ha raggiunto l’87% e quella a 10 anni l’80%, è altresì vero che una percentuale tra il 20 e il 30% dei casi diventa metastatico nel tempo e che ancora questo stadio di malattia non ha una cura definitiva. In Italia si stima che siano 37mila le pazienti metastatiche. Ci sono molte cose da dover comprendere: perché per alcune la malattia avanza velocemente e per altre no? Perché alcune pazienti rispondono a lungo ai trattamenti e per altre insorgono presto resistenze ai farmaci? “È chiaro che quando la malattia diventa geneticamente e metabolicamente diversa le cose si complicano”, ha spiegato Martinelli. “Il Ministero della Salute ha chiesto agli istituti di ricovero e cura, come il nostro, di essere l’avanguardia: proprio perché abbiamo più risorse e più energie, possiamo battere strade nuove, cercare nuove strategie per poi condividerle. Il nostro Istituto ha una tradizione importantissima nel cancro della mammella: stiamo sperimentando molte nuove metodologie, soprattutto per i tumori della mammella che oggi non riusciamo a guarire in modo radicale”. 

Il discorso è proseguito con un messaggio per le donne che convivono con il tumore metastatico ed un appello alla società: “Le cose stanno andando lentamente meglio, ma questo tipo di malattia richiede energie intellettuali, etiche, morali. In 37 mila ci date ogni giorno testimonianza di vita: ci date l’energia per continuare a fare ricerca. Io penso che non esista il sano e il malato: ognuno di noi è sano per qualcosa e malato per altro. La società non dovrebbe ritirarsi ogni volta che sente che noi medici falliamo, ma essere ancora più vicino alle persone malate e sostenerci. Serve la solidarietà delle persone che sono guarite, che sono tante. Sono certo che queste iniziative e l’aiuto delle persone che ci mettono la vita e la faccia tutti i giorni, renderà questa occasione ancora più bella. Avete avuto un coraggio meraviglioso”.

 

Le frontiere della ricerca

La sessione scientifica aveva lo scopo di presentare in modo semplice e divulgativo alcune delle ricerche che si conducono presso l’IRST di Meldola sul tumore al seno metastatico, con un focus su cosa siano i trial clinici, ovvero le sperimentazioni e quali possibilità offrano alle pazienti.

 

L’approccio omico

Uno degli approcci a cui si guarda oggi con maggior interesse è quello chiamato “omico”. Le scienze omiche sono tutte quelle che si occupano di studiare i geni (genomica), come questi vengono trascritti (trascrittomica), le proteine (proteomica) e i metaboliti (metabolomica), guardandoli nel loro complesso. Si tratta, dunque, di guardare a cellule e tessuti da una prospettiva diversa: non considerare più un singolo processo per volta ma osservare quello che accade contemporaneamente a più geni, a più proteine e così via: una possibilità offerta dalle nuove tecnologie. “Con le classiche biopsie finora siamo stati in grado di fotografare il tumore in un determinato momento. I tumori, però, non sono statici: sono in continua evoluzione”, ha spiegato Andrea Rocca, Responsabile Gruppo di Patologia Mammaria: “Oggi siamo in grado di analizzare 10-20 mila geni contemporaneamente e caratterizzare anche il microambiente tumorale, che ha un ruolo chiave”. Infatti, perché il tumore dia metastasi in altri organi (come ossa, polmoni, fegato, cervello), le cellule tumorali devono trovare un microambiente favorevole che le accolga. “Tra le alterazioni genetiche e molecolari che caratterizzano il tumore della mammella ci sono le mutazioni che possono essere bersagli terapeutici importanti e quindi è sempre più importante caratterizzare le neoplasie affinché sottogruppi particolari di pazienti possano beneficiare di terapie a bersaglio molecolare, evitando allo stesso tempo tossicità alle pazienti che sappiamo fin da subito non essere responsive”.

 

Il tumore è eterogeneo

“Fino a non molto tempo fa si credeva che il tumore fosse tutta una stessa entità, in realtà  studi hanno dimostrato che esiste una forte eterogeneità all’interno di una stessa neoplasia”, ha spiegato Sara Bravaccini, responsabile del gruppo di ricerca di Gerobiomics e Exposomics, Area Ricerca del Laboratorio di Bioscienze e referente dell’attività di ricerca sul tumore della mammella: “E’ per questo che abbiamo bisogno di comprendere meglio gli eventi molecolari alla base di questi cambiamenti dal punto di vista genetico, epigenetico, infiammatorio, comprendendo anche l’interazione col microbiota, ovvero le comunità di micro-organismi presenti nel nostro corpo, e il  metabolismo sia per la diagnosi, sia per la prognosi e sia per la predittività di risposta alle terapie target”. Per fare questo, studiamo il tumore della mammella utilizzando approci “omici” cioè utilizzando più  metodologie e studiando più cose. Si tratta di aspetti fondamentali, che possono spiegare in parte le differenti risposte alle cure. 

 

Il Progetto CLEAR per “rimuovere” le cellule tumorali circolanti

Tra gli studi condotti all’IRST di Meldola vi è anche il Progetto CLEAR, (CTC targeted Liquid surgEry AppaRatus), guidato da Francesco Fabbri, Responsabile del gruppo Nanobiomics and Liquid Niche, Area ricerca del Laboratorio di Bioscienze. Lo studio riguarda le cellule tumorali circolanti (CTC), ritenute fondamentali per la formazione di metastasi a distanza. Una volta rilasciate dalla massa tumorale, queste cellule possono entrare nel sistema circolatorio, infiltrarsi in organi e tessuti e sopravvivere anche per lungo tempo, dando così origine alle metastasi e ad eventuali ricadute di malattia. I biologi e i medici le chiamano fase leucemica del tumore solido. “Il nostro obiettivo - ha spiegato Fabbri - è ideare e sviluppare uno strumento che sia in grado di rimuovere le CTC dal sangue di una paziente prima che esse diano origine a lesioni secondarie. La speranza è che questa strategia possa controllare o persino evitare la diffusione delle metastasi ed il rischio di recidiva, proprio come la rimozione chirurgica di un tumore solido può limitare la malattia o addirittura curare un paziente oncologico. Un dispositivo medico in grado di eliminare le CTC dalla circolazione sanguigna potrebbe migliorare sostanzialmente le fasi di trattamento del cancro, aumentando la sopravvivenza generale e la sopravvivenza libera da progressione e potrebbe essere utilizzato per supportare decisioni cliniche rilevanti”. Lo scopo di questo progetto è, dunque, sviluppare un dispositivo che sia in grado di eliminare le CTC dall'intero volume del sangue di un paziente: una sorta di ‘chirurgia liquida’. 

 

Come funziona uno studio clinico

Una parte della sessione scientifica ha riguardato gli studi clinici, sui quali si fa ancora poca comunicazione con il risultato che le pazienti spesso non sanno in cosa consistono e perché potrebbe essere importante per loro partecipare. “Le sperimentazioni cliniche si dividono in diverse fasi ognuna di queste con uno scopo ben preciso”, ha spiegato Francesca Mannozzi, Coordinatrice della Ricerca clinica, approfondendone ogni aspetto.E' stato affrontato anche il tema della  validità scientifica del protocollo di ricerca clinica: concetto di randomizzazione, i criteri specifici richiesti per poter far parte di un trial clinico ed infine l'importanza della qualità del dato finale. “La tutela del paziente - ha concluso - è sempre assicurata dal Comitato etico che controlla la sperimentazione dall'inizio alla fine e dalla procedura di consenso informato, che permette al  paziente di essere più consapevole ”. 

“Questo evento è un movimento culturale che entra nel territorio”, ha commentato Fabrizio Miserocchi, Direttore Generale dello IOR: “La ricchezza di fare le cose insieme è qualcosa che valorizza tutti”. 

“Il nostro impegno di diffondere la conoscenza sul tumore al seno metastatico, ha dichiarato il Presidente di Noicisiamo, Marina La Norcia  si è concretizzato in questo protocollo d’intesa con l’IRST di Meldola perché ritengo che più persone, enti, istituzioni ed associazioni, che perseguono un fine comune, lavorando in maniera sinergica e cooperativa possano ottenere dei risultati migliori, come diceva Mimma Panaccione ognuno di noi nel suo piccolo può fare la sua parte per cambiare le cose, per cambiare in meglio anche la vita di una sola persona…….certo se uniamo gli sforzi facciamo di più e meglio”.

Tiziana Moriconi

Chiara Milanesi

 




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